martedì 21 marzo 2017

Giornata di posta

“Ninì, hai detto niente vero?”
Cosa credeva il Giulio Ghezzi, che fossi matto? Il direttore sì, lui aveva parlato della legge 15 per convincermi a dire tutto ma io gli ho risposto “Direttore va bene, ma io non la posso proprio aiutare e anche se potessi guardi che non sono mica stupido, lo so che non si può fare il pentito con queste cose”. Ma lui ha risposto niente, che lo sapevano già che c’ero anch’io nel corridoio con l’Alessi e che c’erano altri due detenuti che avevano testimoniato. Poi s’era avvicinato l’agente Marino, che fa sempre quello gentile, s’era abbassato per venirmi all’orecchio che io ero seduto davanti alla scrivania del direttore e mi fa “Dai Ninì fa’ il bravo, almeno ce lo togliamo dalle palle quel camorrista di merda.” Poi aveva sollevato lo sguardo verso il direttore, che stava lì seduto con le mani grassocce sulla cartellina di pelle, da parte alla macchina da scrivere, e gli fa: “All’Asinara lo mandano stavolta, vero?” e il direttore inclina la testa da una parte con la faccia cortese e gli risponde che non lo può dire, ma che farà di tutto per far trasferire l’Alessi in una struttura più sicura.
Ma io mica sono matto, gliel’ho detto anche al Giulio Ghezzi la sera, quando l’agente Marino mi ha riportato in cella.
“Ninì, hai detto niente vero?”. Era tutto bianco come la calce poveretto, che aveva paura che l’Alessi venisse ad aprire la cella di notte e ci tagliasse la gola anche a lui mentre dormiva, solo perché stava dentro con me. Col cavolo che gli ho detto qualcosa, gli ho risposto.
Anche se in realtà ho visto tutto io, perché ero lì quando è successo.
La mattina sembrava tutto regolare. Erano passati con la posta ma io non avevo ricevuto niente, che fuori non ho nessuno e la mamma anche se viene a trovarmi ogni tanto dice che non mi vuole più in casa quando esco, poi gli altoparlanti come sempre han detto “tutti i detenuti escano dalle celle e si dirigano verso il cortile” e allora siamo andati fuori, io e il Giulio Ghezzi, e siamo andati in cortile a fumare una paglia insieme al nostro gruppo.
Il nostro posto è proprio davanti a quello dove si mettono i politici, che da noi sono solo cinque, tre rossi e due neri che vanno d’accordo come vecchi compagni di naja, vai a capirli. C’era il piellino, Glauco, che non è il suo vero nome ma il nome di battaglia che aveva fuori con quelli di Prima Linea, che stava seduto per terra e teneva una busta aperta con tutte e due le mani e sorrideva come un bambino. Poi la metteva via, poi la faceva vedere a quello accanto, poi la rimetteva via, la riguardava e via così. A me stanno simpatici Glauco e gli altri politici perché sono sempre tranquilli e sereni, anche se poi a pensarci bene hanno sparato a più gente loro che tutti gli altri carcerati messi insieme. Glauco dicono che ha preso un ergastolo perché ha ammazzato a un direttore di fabbrica, poi l’han condannato anche per concorso in due tentati omicidi. Però dicono anche che deve uscire entro l’anno, vai a capirli.
Insomma, si stava tranquilli ad annoiarsi come sempre ma poi è arrivato l’Alessi e aveva una faccia che faceva paura. Più del solito intendo, perché l’Alessi mi ha sempre fatto una paura vacca e oltretutto da quando l’han trasferito qua m’è sempre stato addosso perché dice che m’ha preso in simpatia e crede di farmi un favore a stare con me. Lui è qua per rapina aggravata, anche se lui dice che “È tutta na cazzata” e che devono ancora fare il processo ma che deve stare dentro lo stesso per la carcerazione preventiva. “Per colpa di quei figl’ e puttana dei terroristi” dice lui, perché la legge Reale l’hanno fatta per colpa loro, continua, anche se lo sanno tutti qua dentro che l’Alessi stava in mezzogiorno con la camorra e c’ha l’anima più sporca delle unghie di una strega, fa sempre paura a tutti con quel suo sorrisaccio a denti stretti, che quando ti guarda così non capisci se ti sfida o se ha già deciso che vuol farti qualcosa di brutto. “È tutta na cazzata” va avanti a dire ma io, potessi morire, l’ho visto coi miei occhi quello che ha fatto nel corridoio quel pomeriggio. Ce l’ha a morte coi terroristi, che lui dice che sono tutti infami perché di fuori ammazzano la gente per niente e poi, al carabiniere che li arresta, gli dicono “Mi dichiaro prigioniero politico” così vanno in galera e lì per avere gli sconti fanno i pentiti e infamano tutti i loro compagni, gli amici e anche quelli che non c’entrano niente. A me di tutte queste cose non frega niente perché io sono finito qua per furto d’auto, cioè, mi spiego? Avevamo rubato una Giulia e scappando abbiamo investito un carabiniere al posto di blocco, ma ci siamo fermati subito e poi guidava il Filippo Milesi, io ho preso solo due anni ma lui è finito a San Vittore e ne ha ancora per cinque o sei, anche se il carabiniere s’era forse rotto un braccio e al processo ci hanno detto che aveva già ripreso il servizio. Insomma ci sono finito così ecco, solo che adesso fuori non ho più nessuno e spero di non finire come il Giulio Ghezzi, che fuori prendeva l’eroina e infatti è tutto bianco e magro come un chiodo.
È arrivato l’Alessi e gli altri hanno detto che dovevano andare al laboratorio, ma era una scusa perché avevano capito che si metteva al brutto. Insomma rimango da solo con l’Alessi che mi chiede una sigaretta e gliela do, se la fuma e si mette a raccontare tutto incazzato che gli è arrivata una lettera dell’avvocato, che il processo è rimandato fino a marzo perché c’è lo sciopero dei tribunali. Era proprio incazzato e avevo paura anche io, anche se non mi ha mai fatto niente di male perché faccio sempre quello che vuole lui. Poi vede quel Glauco tutto allegro con la sua letterina e lì non ci vede più e dice che lui a quel figlio di puttana gli cava gli occhi se continua a ridere. L’ha già detto tante volte ma non lo fa mai perché secondo me ha paura anche lui, che si sa mai che quando esce, casomai un giorno dovesse uscire, un commando di Prima Linea lo va a cercare e gli spara alle spalle come a un daino.
Solo che stavolta è tutto diverso, non ci voleva che gli arrivava la lettera dell’avvocato proprio lo stesso giorno di quella lì che gli metteva l’allegria a Glauco. E infatti passa poco che l’Alessi va là, in mezzo a tutti gli altri terroristi assassini, e gli chiede a Glauco che cazzo ha da ridere “come uno stronzo”. Uno dei neri si alza e gli dice di cambiare aria che è meglio ma l’Alessi, incredibile, lo ignora e dice ancora a Glauco che gliela facesse vedere a lui quella lettera che lo faceva ridere tanto, che anche lui voleva ridere.
Glauco è uno che ha ammazzato e ha lo sguardo freddo come il ghiaccio, però stavolta mentre dice all’Alessi di farsi i cazzi suoi lo sento che ha perso un po’ di smalto. Un po’ come quelle litigate fra gatti, mi spiego? Alla fine ce n’è sempre uno che abbassa il pelo per primo e stavolta era stato Glauco. Alla fine l’Alessi gira i tacchi e, senza guardare Glauco, gli dice “Questa la paghi, stavolta le paghi tutte”.
I politici si sono messi a insultarlo ma si vedeva che non gliene fregava niente, quelli lì c’hanno altro per la testa, vai a capirli, io allora ho fatto finta di niente e sono andato al laboratorio con gli altri. Però dopo pranzo l’Alessi viene da me e vedo che tiene la mano a pugno dentro i calzoni e mi fa “Vieni con me che t’insegno qualcosa della galera” e mi tira per la maglia, usciamo dal refettorio e andiamo nel cortile, dove ci sono quattro o cinque carcerati e Glauco da solo che si fuma una paglia in piedi, sempre guardando dentro quella sua busta, allora lì m’è venuta una paura brutta che toglieva il fiato. L’Alessi mi mette una mano sul petto per fermarmi e guarda dritto verso Glauco con quel suo sorriso a denti stretti che fa paura ai lupi, solo che Glauco non se ne accorge e allora l’Alessi gli fa un fischio e quello si gira e lo vede. Allora gli cade sulla faccia lo sguardo di uno che gli è appena morta una persona cara, così si gira verso l’altro lato del cortile e s’incammina per il corridoio che porta ai bagni. L’Alessi mi fa “Andiamo” e le mie gambe gli vanno dietro anche se io non voglio, arriviamo all’ingresso del corridoio e mi dice di star lì. 
Nel corridoio non c’è nessuno a parte le muffe nere negli angoli, l’Alessi si mette a correre silenzioso come un gatto mentre vedo che toglie la mano dai calzoni e sfila un punteruolo lungo un braccio, di quelli per il legno, che tiene col fazzoletto. Arriva addosso a Glauco, gli mette la mano sulla spalla e gli fa “Oh!”. Quando si gira glielo infila dentro tre volte, soc soc soc, dall’addome su fino al petto, e all’ultima glielo lascia dentro. Io volevo guardare da un’altra parte ma ero diventato di gesso. Il poverino non ha più il fiato neanche per dire niente, la camicia gli diventa tutta scura in un attimo e crolla giù come un palo. Allora l’Alessi, veloce come una faina, gli strappa di mano la sua letterina guardandolo negli occhi e la apre, ci guarda dentro e poi tira giù una bestemmia di quelle brutte e la butta per terra. Poi si gira e viene verso di me, che mi veniva da vomitare perché ho pensato “Stavolta m’ammazza”. Invece mi fa “Te non dici niente o t’apro come un porco capito? Va di là” e fa segno con la testa verso le scale in fondo al corridoio, quelle che vanno alle celle del primo piano, poi torna nel cortile tranquillo, aggiustandosi la patta come se avesse appena fatto una bella pisciata.
Soc soc soc. Io vado di là e passo davanti a Glauco poveretto, che sta lì per terra fermo e immobile come una statua. Vedo lì accanto la sua letterina, allora senza neanche pensarci la raccolgo e me la porto via, vado su al primo piano alla mia cella e mi butto in branda, che tremo tutto come un pioppo. Dopo un momento sento gli altoparlanti che dicono a tutti i detenuti di tornare nelle loro celle e gente che urla, arriva il Giulio Ghezzi che mi dice “Ninì, ma cos’è successo?”, poi però mi vede in faccia e capisce tutto allora non dice più niente. Io intanto continuo a pensare a quante volte l'avrà fatto, l’Alessi, di ammazzare la gente così, che mi viene freddo alla schiena. Allora mi accorgo che ho ancora la letterina di Glauco in mano, l’apro e ci guardo dentro e c’è solo una fotografia del mare con una ragazza in costume che legge un libro a pancia in giù sul cemento della banchina. La giro e dietro c’è scritto a penna “Esci presto, ci manchi tantissimo!”, firmato Lara.
Fino a sera comunque non m’è venuto a cercare nessuno. Neanche dopo non m’hanno fatto niente perché i testimoni alla fine non c’erano, anche se l’Alessi ho saputo che l’hanno trasferito lo stesso, spero proprio di non vederlo mai più quel brutto diavolo.
Mi mancano solo sei mesi ma ho un po’ l’angoscia perché dopo non so proprio che farò. Fuori non c’è nessuno che mi aspetta. Ogni tanto tiro fuori la foto di Glauco e cerco di capire se la ragazza è la sua donna, anche se mi sembra troppo giovane, o la sua bambina, anche se lui non mi sembrava abbastanza vecchio da avere una figlia grande.
Chissà se ha saputo cosa è successo al suo Glauco, e che non può più andarla a trovare al mare. La busta ha il francobollo francese e anche l’indirizzo è scritto in francese. Se riesco a capire che posto è magari ci faccio un giro, intendo quando esco. Magari è ancora là.
Tanto fuori non c’è nessuno che mi aspetta.